La Spagna e quel sistema diabolico dei tapas bar
Dice che andare all’estero apra la mente… Beh, per me la funzione è doppia, perché ciò che mi apre non è soltanto la mente, ma anche lo stomaco. Una cinque giorni che mi ha messo a dura prova, immersa pienamente, come si addice ad una locale, in quel circuito vizioso che prende il nome di tapas e di raciones, un meccanismo diabolico che ti travolge senza che neanche tu possa accorgertene. Però bello, divertente; un ritorno al cibo come divertimento e convivialità, spogliato della seriosità che ormai aleggia in quasi ogni ristorante del nostro Bel Paese.
Partiamo dai tapas bar. Locali carini, ben illuminati, con grandi balconi e comodi sgabelli dove gustare quelle che appunto prendono il nome di tapas, ovvero piccole porzioni, diciamo il corrispettivo dei nostri finger food, ma un po’ più abbondanti e, soprattutto, sostanziosi: crostini, molto appetitosi già dal primo sguardo, con salmone, friggitelli ed aringhe, Patanegra, oppure tortillas di ogni tipo e poi insalata russa, che va alla grande, i calamari fritti, insomma tutto ciò che stuzzica l’appetito e la sete.
Il giochino è semplice: ordini un bicchiere di vino e mentre sorseggi, alla vista di tutta quella meraviglia, ti viene automaticamente fame e ordini la prima tapas. Poi il vino finisce, resta la sete, ed ordini ancora da bere e poi, ancora, un’altra tapa. Ed è così che anche se eri entrato semplicemente per un calice di vino, resti ancorato al bancone per un tempo indefinito, felice e gaudente, come un bimbo alla gonnella della mamma. Oppure cambi posto, perché sicuramente accanto ce ne è un altro simile e passi la serata girellando, mangiando e bevendo. I prezzi delle tapas vanno dai 2 euro fino ad un massimo di 3.5 euro ed il bicchiere di vino dai 2 fino ai 5 euro, generalmente, ma con 3 euro si riesce a bere più che degnamente.
Il sistema funziona e mi chiedo se anche qui in Italia potrebbe trovare campo. Credo che a tanti, soprattutto single e spesso fuori, piacerebbe molto locali così, dove per smangiucchiare qualche cosa non devi piegarti a prestazioni mentali troppo elevate e neanche accomodarti ad un tavolo, se vuoi.
Poi c’è l’altro sistema, quello delle raciones la cui traduzione è “porzioni”, ma per esse, a Madrid, il sistema cambia. Anche in ristoranti di buon livello, ottime trattorie, si ordinano varie pietanze, ma da condividere, mettendole al centro della tavola per assaporarle tutti insieme. Ciò che si crea è un clima leggero, godereccio, di relax culinario. Mangi forse più, ma spesso anche meno che in un classico ristorante italiano, e questo perché le chiacchiere aumentano ed i piatti diventano tema di piacevole conversazione. Naturalmente si parla di pietanze semplici, come le patate con l’uovo, una chicca inventata a Casa Lucio, noto locale madrileno, oppure, ancora, le tortillas, il baccalà, lo jambon.
Insomma tirando le somme, o i chili accumulati, che dire: forse un po’ di leggerezza nel nostro sistema di ristorazione manca ed in un momento così pesante, per umore, malcontento, crisi, crisi e crisi, chissà che un po’ di sana frivolezza non potrebbe farci stare meglio, di pancia e di spirito.
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